Vi è mai capitato di ricevere una telefonata che suona più o meno così?

Pronto, è la signora…? Volevamo avvisarla che sta per scaderle il contratto Internet. Dal mese prossimo i costi aumenteranno. Siamo qui proporle di rimodulare il contratto a condizioni vantaggiosissime!

Questo è un esempio, come tanti, di telefonate di concorrenza sleale, se non di vera e propria frode, perpetrate ai danni dei clienti di un determinato Provider, che vengono abilmente indotti a pensare che dall’altro capo del filo ci sia proprio il loro operatore Internet. In realtà si tratta di call center demandati da operatori o agenzie concorrenti che tentano di portare il cliente a sottoscrivere un contratto diverso con l’inganno e senza il suo esplicito consenso.

Una pratica selvaggia e terribilmente diffusa, che ha toccato personalmente anche i clienti MICSO.

Nella maggior parte dei casi si tratta di numeri presi dalle Pagine Bianche: chi ci chiama non sa con quale operatore siamo, ma confida nel fatto che saremo noi a dargli questa informazione durante la conversazione, se utile a portare avanti il gioco. In altri casi si tratta di “fughe di dati” acquisiti illecitamente, talvolta anche per opera di ex dipendenti.

Abbiamo deciso di andare a fondo della questione, con l’obiettivo di fare chiarezza e dare ai nostri clienti, e non solo, gli strumenti per difendersi da quella che è a tutti gli effetti una truffa telefonica.

Abbiamo intervistato l’avvocato Fabio Camerano Spelta Rapini, professionista della Privacy ed esperto in contrattualistica commerciale on-line.

D: Fabio, come si chiama questo tipo di condotta illecita?
R: Si chiama “Storno di clientela” e rientra nelle condotte di concorrenza sleale legiferate nell’art. 2598 del codice civile. Definiamo concorrenza sleale tutte quelle azioni non conformi alla correttezza professionale e finalizzate a danneggiare le aziende concorrenti.

D: In cosa consiste in particolare lo storno della clientela?
R: Lo storno, o sviamento della clientela si verifica quando un ex dipendente, agente, commesso o direttore commerciale si appropria dei dati dei clienti, del listino prezzi, delle condizioni commerciali, delle caratteristiche tecniche dei prodotti altrui e di altre informazioni riservate di una determinata impresa, sfruttandole a vantaggio di altra impresa. O magari può essere un soggetto a cui viene espressamente demandato di carpire dati ed informazioni per conto di altri operatori a finalità distrattive e/o acquisitive di clientela; esistono peraltro appositi strumenti di ricerca e captazione di dati che consentono ai malintenzionati di appropriarsi di informazioni preziosissime utili per offrire servizi che non abbiamo mai richiesto.
È molto semplice per coloro che conoscono personalmente un data-base di clienti, operare sotto-traccia e indurre i clienti stessi a procedere con disdetta di contratti, portandone a stipularne di nuovi, a condizioni apparentemente più convenienti e certamente più vincolanti, così da rendere difficoltosa una nuova fuoriuscita del cliente. Quest’ultimo infatti, si troverà, di fatto, a sperimentare un’esperienza diversa con quello che si accorgerà essere un operatore diverso, e se deciderà di tornare indietro sarà sottoposto a costi e vincoli a cui si accorgerà di aver tacitamente acconsentito al telefono. Una situazione davvero antipatica.

D: Quali sono i fatti e gli atti più comuni che rientrano in questo tipo di illecito?
R: Possiamo annoverare nelle condotte di storno della clientela i seguenti fatti rilevanti:

  1. Appropriazione di banca dati di clienti e dei contratti che hanno stipulato.
  2. Contatto diretto con clienti per indurli a disdire i contratti in essere per stipularne di nuovi con altra azienda concorrente (talvolta quella costituita da un ex agente/dipendente o altra costituita da persone a questi vicine)
  3. Pratica di prezzi eccessivamente bassi definiti “prezzi predatori”, per nulla allineati al mercato e tipicamente al di sotto dei costi marginali di produzione.
  4. Pratica di atti di concorrenza sleale confusoria, come l’imitazione servile del marchio o di altri segni distintivi o altri atti confusori dei prodotti o dell’attività d’impresa.

D: Cosa può fare la parte lesa, in questo caso il provider che subisce l’appropriazione indebita dei dati?
R: Il primo passo, diciamo quello più soft, è una diffida volta a invitare il soggetto a non perpetrare il contegno illegittimo. Se questa non dovesse essere sufficiente, o non si volesse perseguire questa strada di mediazione, si può procedere direttamente alla richiesta di una inibitoria cautelare davanti a un giudice.
La stessa può essere pubblicata sul proprio sito internet, sui quotidiani, su riviste periodiche o di settore e su qualsiasi altro mezzo sia utile a diffondere l’informazione e raggiungere la clientela cui l’atto illecito è indirizzato.
Si può ottenere poi una sentenza che confermi il provvedimento di inibitoria cautelare e che ne ordini la pubblicazione a spese della controparte.
Inoltre, si può richiedere al Giudice di adottare tutti i provvedimenti necessari ad eliminare gli effetti della condotta illecita (art. 2599 c.c.). Infine, un ulteriore rimedio consiste nell’agire in giudizio per ottenere il risarcimento del danno.

D: Cosa possono fare invece i clienti vittime di queste telefonate?
R: In prima battuta, il soggetto raggiunto da questi ‘raggiri’ può attivarsi per bloccare le chiamate in entrata ricevute da questi call-center, o mediante l’iscrizione al famoso Registro delle Opposizioni o già con il proprio smartphone inserendo i numeri telefonici ‘indesiderati’ nella lista di quelli da bloccare.
Rimedi di tipo generale, invece, sono quelli volti all’esercizio del diritto di accesso e opposizione (articoli 15 e 21 del GDPR) al trattamento dei dati che gli interessati possono attivare in maniera abbastanza agevole presso il ‘nuovo’ provider: in sostanza, una volta che ci si accerta che i propri dati sono ‘in uso’ ad un provider diverso da quello contrattuale, viene richiesto che quei dati non vengano più utilizzati per alcune finalità (come quella di ricevere promozioni); si possono quindi proporre reclami o segnalazioni al Garante della Privacy, indicando le telefonate ricevute anche per il tramite del modello predisposto dalla stessa Autorità Garante (trovate il modello cliccando qui).

Uno strumento decisamente più “tecnico”, da applicarsi se il “danno” è stato fatto e si è malauguratamente già attivato un contratto con il nuovo operatore, seppur senza esplicito consenso, è quello volto all’esercizio del c.d. “diritto di ripensamento”: ogni cliente/consumatore ha diritto di recedere entro 14 giorni dalla conclusione del contratto stipulato a distanza o fuori dai locali commerciali, liberandosi in tal modo da un vincolo che può essere molto più lungo, con aggravio di spese (qui trovate un esempio).

Poi v’è da dire che ci sono tantissime associazioni impegnate sul fronte della tutela dei consumatori e della corretta concorrenza nel settore; queste compagini promuovono positivamente un concetto di condotta leale tra gli operatori e cercano in maniera, spesso efficace, di informare i consumatori circa i loro diritti, di monitorare ed intercettare i comportamenti scorretti per favorire il rispetto delle regole a beneficio degli interessi di consumatori ed operatori. Tra queste citiamo l’Associazione Europea Consumatori Indipendenti, l’Assocontact e l’Osservatorio Imprese e consumatori).