Cosa ci fanno oltre 600 persone da tutto il mondo in un camping in riva al mare?
Semplice: partecipano al MOCA. No, non è un meeting per drogati di caffe! È l’acronimo di Metro Olografix Camp, evento quadriennale organizzato dalla Metro Olografix, la prima associazione culturale telematica d’Italia, nata per celebrare lo scambio e la condivisione tra individui liberi che utilizzano lo strumento telematico per esaltare i loro interessi personali e le loro diversità.
Lo scopo dell’associazione è quello di divulgare una “cultura della telematica” che non sia quella proposta dalle logiche di mercato, ma che sia il più fedele possibile a quella originaria dei pionieri.
E chi erano questi pionieri? Beh… erano i veri hacker: quelli che non avevano nulla a che fare con fughe di informazioni, frodi o chissà quale altro reato legato al mondo digitale, ma erano semplicemente persone curiose che volevano sapere come funzionavano le cose, scoprirne i limiti e le falle senza trarne vantaggio alcuno se non quello della soddisfazione personale.
Erano, e sono ancora, i piccoli e grandi eroi della conoscenza. E dove farli incontrare se non in un campeggio, magari pure in riva al mare, dove scambiarsi idee, prendere ispirazione dalle stelle e godere di una comunità accogliente e diversificata?
Tutto questo è stato il MOCA 2024, tenutosi dal 13 al 15 settembre nella sognante cornice della Torre di Cerrano. Micso c’era, per la quarta volta come sponsor tecnico (tutto il campeggio è stato coperto in wi-fi con un collegamento wireless da 1 Gigabit/s), ma anche contribuendo alla divulgazione con due dei suoi più longevi collaboratori, Normando Marcolongo, relatore e CTO di MICSO e Francesco Politi, System Administrator di MICSO e socio storico della Metro Olografix.
L’evento ha offerto una gamma di attività che spazia dai workshop tecnici ai dibattiti su temi di attualità, diventando un luogo di incontro per hacker esperti e novizi, dove la passione per la tecnologia e il desiderio di un futuro digitale più sicuro e accessibile uniscono tutti.
Sui 2 palchi, con un fitto programma di quasi 12 ore al giorno, si sono succeduti interventi di prim’ordine: dall’analisi forense all’intelligenza artificiale; dalla scienza alla programmazione; da tavole rotonde a presentazioni di lavori originali, in un capogiro di applausi e domande dal pubblico.
Anche i bambini hanno avuto il loro spazio: nell’area MOKids, un gruppo di volontari si è occupato di workshop di elettronica, stampa 3D e realtà artificiale, per chi vivrà davvero un futuro pieno di digitale, insegnando ai bambini i “dietro le quinte” e piantando quei semi che potrebbero sbocciare in futuri esperti e cyberscienziati.
E c’era anche lo spazio per le community. Da Bergamo a Roma, da tutta Italia le associazioni come la Metro Olografix hanno mostrato i loro lavori ed attività, condividendo non solo conoscenza ma anche cibo e le immancabili T-Shirt. E nell’immenso hackspace una zona franca dove trovare un tavolo ed una sedia e fare qualunque attività: giochi di ruolo, gare di hacking (ah, sono venuti dal Giappone a gareggiare ed hanno pure vinto!), incontri tra amici, saldature su circuiti e chi più ne aveva… più ne metteva!
Noi, come detto, c’eravamo e abbiamo raccolto le impressioni a caldo del nostro CTO, Normando Marcolongo.
Il MOCA 2024 è stato per me il primo hacker camp vissuto ‘da capo a piedi’ e con il valore aggiunto di farlo da membro dell’associazione e volontario per diverse mansioni durante lo svolgimento della 3 giorni. All’età quasi veneranda (in termini nerd) di 600 lune intorno alla terra, mai avrei pensato di trovare un clima così caldo ed accogliente! Gli hacker veri sono persone che amano condividere il loro sapere: nessuno è geloso di quanto ha imparato a sua volta, magari alla stessa maniera, quando qualcuno glielo ha insegnato.
Lo slogan di quest’anno, ‘Back to the r00t’, riflette il desiderio di ritornare alle radici, di riscoprire i valori fondamentali della cultura hacker e di esplorare le fondamenta su cui si basa una così importante e nascosta comunità. Fondamenta che possono riassumersi nella promozione di una cultura digitale etica, aperta e collaborativa.
Quanto a me, ho avuto l’onore di presiedere il ‘tavolo dei radioamatori’ dove abbiamo fatto vedere un ‘altro’ ritorno alle origini: la radio, la comunicazione senza filo, una delle cose più affascinanti di sempre e slegate da operatori e social. E di ‘back to the r00t’ (ritorno alle origini, appunto) verteva anche il mio intervento ‘formale’ al MOCA, legato alla Teoria dell’Informazione. Formulata da Shannon nel 1946, rimane una pietra miliare alla base di tutto ciò che conosciamo di ‘digitale’: dal computer ai cellulari passando attraverso fibre ottiche o satelliti.
E in effetti possiamo dire senza dubbio che, specie per il mondo informatico, viviamo letteralmente ‘sulle spalle dei giganti’, che formularono teorie e divulgato scoperte anche oltre 100 anni fa e sono tuttora alla base della nostra quotidianità digitale.
Fa riflettere il pensiero che qualsiasi influencer di oggi debba tutto a questi giganti di ieri, i primi bullizzati e inadeguati NERD della storia.
Nell’ultimo giorno del MOCA, uno storico hacker italiano (Alessio Pennasilico, aka Mayhem) durante la cerimonia di chiusura di un evento che lascerà un segno in ognuno dei partecipanti sfiniti dalle mille attività, ha chiesto alla platea: ‘Lo sapete che da domani tornerete ad essere quelli strani?’.
Ed è proprio così: il MOCA è anche l’habitat naturale di ‘quelli strani’, che per una volta fa sentire diversi gli altri, quelli ‘là fuori’, che ridacchiano di ragazzi impacciati curvi sui computer o sui circuiti. Proprio quei nerd che ogni giorno permettono a tutti noi di mettere un like su una foto. E per quel like, magari, nascerà una storia d’amore.