Sulla sua scrivania, appena sotto il PC campeggiano, allineati al millimetro, evidenziatori fluorescenti dalle differenti sfumature.  Ordine maniacale? Sì, ma non solo. Anche un modo per trovarsi davanti agli occhi un’esplosione di colore ogni giorno. Una carica necessaria a chi, come lui, mastica creatività.

Federico è il nostro Senior Graphic Designer, e si occupa di progettare, assieme al direttore creativo, molta della nostra grafica aziendale, che oltre al settore informatico annovera anche quello del vino e una redazione televisiva. Gran parte della comunicazione editoriale e web passa nelle sue mani.

Dove nasce la creatività

“Il mio è decisamente un ruolo trasversale, che mi permette di sperimentare vari aspetti della professione. Anzitutto quello creativo: mi arriva un progetto, che può essere ad esempio una campagna di comunicazione per MICSO, o l’etichetta di un vino. Mi viene dato un obiettivo sul tipo di messaggio da veicolare e io devo…farmi venire un’idea, sfruttando tutti i mezzi che ho a disposizione. E qui sta il bello! A volte si immagina un grafico come uno “smanettone” molto bravo a comunicare con le immagini, in realtà è molto di più, almeno per quella che è stata la mia formazione. È prima di tutto un esperto del settore a 360°, uno che si è fatto una gavetta sul campo, vivendo in prima persona tutti i processi di lavorazione e aggiornandosi continuamente, con serietà e molta curiosità. 

Per quel che mi riguarda, che questo fosse il mio mondo l’ho sempre saputo. Fin da ragazzo ho fatto pratica in tipografia e serigrafia, vivendo tutte le fasi concrete di elaborazione di un progetto. Ho fondato uno studio mio, che ho avuto per 10 anni, e alla conoscenza pratica ho aggiunto anche quella relazionale, confrontandomi in prima persona con clienti e fornitori, e frequentando le fiere di settore. Mai perdere di vista le novità: è lì che può insediarsi una buona idea!

Ad esempio, avete mai pensato a quanto conti, per un grafico, la conoscenza della carta, e delle sue infinite lavorazioni? Patinata, riciclata, sostenibile, in fibre di cotone o di velluto… non sono solo attributi materici, ma veri e propri alleati di comunicazione. Pensiamo alle etichette di un vino, oggi paragonabili a vere opere d’arte. Ovvio che la loro realizzazione, che deve comunicare al meglio qualità, storia e prestigio della bottiglia e del suo contenuto, passi anche attraverso la carta che scegli di utilizzare.

Nella nostra linea Vigne Lomanegra ad esempio, una delle più esclusive, abbiamo utilizzato una carta con nobilitazione in vero legno per esaltare a pieno la naturalità e l’eccellenza del prodotto, realizzando un’etichetta unica.

Non meno entusiasmante è il lavoro su web, dove, proprio per l’assenza della componente materica, c’è un focus sul disegno creativo: linee, caratteri, forme e colori diventano protagonisti della pagina e solo a loro è affidato il compito di catturare l’attenzione del lettore. Un compito reso più arduo dall’esigenza trasversale di fruibilità: una campagna va creata in modo che possa essere ugualmente chiara e leggibile su pc, smartphone e tablet.  

Insomma una bella sfida, che in MICSO ho potuto affrontare in un ambiente di lavoro sempre aperto e disponibile a provare, sperimentare, dare fiducia. Poi, certo, ci sono i tempi stretti, le richieste dell’ultimo minuto, che in un’azienda sono il pane quotidiano. Ma non mi spaventano.

Qualcuno dice che l’estro non vada di pari passo con il business, perché ha i suoi tempi per esprimersi al meglio, ma io non sono d’accordo. Anzitutto perché posso sempre contare sul lavoro di squadra, e qui in ufficio marketing ne abbiamo da vendere, e poi perché la creatività è come un muscolo, va allenata con ricerca e contaminazioni continue, così da poterla trovare sempre quando ne hai bisogno.

Sono una persona molto curiosa, ho tante passioni, dall’arte ai viaggi, dalla musica (una vera ossessione!) alla fotografia. Quando devo iniziare un progetto nuovo, ho un mio piccolo rito, fondamentale: avviare la mia playlist in modo casuale e…mettermi su quella frequenza. Da Björk ai Radiohead, da Bowie ai Cure, passando per la musica elettronica, quel che salta fuori può essere molto rock, sperimentale o decisamente strappalacrime, ma alla fine mi fa arrivare sempre a un’idea. Da lì si verifica una specie di groviglio creativo. Le linee essenziali di Fontana, i colori saturi di Rothko, il languore decadente di Berlino, la potenza espressiva di Erwitt…tutto nella mia testa è frullato, mescolato su una tela immaginaria che diventa, però, una fonte inesauribile da cui attingere in qualsiasi momento.

È un po’ come cucinare: la fantasia conta tantissimo, puoi inventare un piatto straordinario da pochissimi ingredienti, ma vuoi mettere cosa puoi fare con una dispensa piena zeppa di cose? Ecco, io cerco di tenere la mia dispensa sempre piena, per non trovarmi mai sprovvisto di idee.

O forse dovrei dire il mio paniere. Perché è nella panetteria di famiglia che ho imparato fatica, pazienza, soddisfazione e soprattutto amore per il mio lavoro. È lì che si trova la mia infanzia di bambino ipercurioso e sporco di farina. È stato mio padre a insegnarmi tutto, a farmi capire quanto sia importante partecipare a tutto il processo di lavorazione, dalla scelta degli ingredienti ai rapporti con i clienti. È a lui che devo l’attenzione a fare le cose per bene, l’importanza di aggiornarsi, la capacità di saper raccontare il proprio lavoro per poterlo vendere. Ma soprattutto, gli devo un valore antico e prezioso, l’arte di saper aspettare, che non vuol dire fare altro nell’attesa, ma significa osservare da lontano, non distogliere mai lo sguardo dall’impasto,  per far sì che diventi ciò che avevi sperato fin dall’inizio.”